ARTICOLO 006 – Esperienze e riflessioni nate dai corsi Musicainfasce (Anna Cattoretti, 2011)
Esperienze e riflessioni nate dai corsi Musicainfasce®
tratto dal volume: Il bambino e la musica.
L’educazione musicale secondo la Music Learning Theory di Edwin E. Gordon,
a cura di S. Biferale, Curci 2011
La musica muove il corpo, prima che il cervello la inquadri e analizzi, e tuttavia la comprensione intellettuale della musica è fondamentale per noi.
La musica muove il corpo anche quando non è fisicamente presente e il corpo in movimento è un veicolo necessario verso la consapevolezza della musica.
Credo che soprattutto nell’infanzia sia bene raccogliere in sé il più ampio vocabolario di movimenti, gesti, energie legate al movimento, la cui espressività, come un’essenza profumata e intensa che sopravvive alla sua fonte di provenienza, resterà poi in noi anche quando dovremo ‘stare composti’, ad esempio per suonare uno strumento.
Non relegherei tuttavia questa possibilità di apprendimento alla sola infanzia: un amico contrabbassista, una persona perciò adulta e formata, ha risolto gran parte dei suoi problemi ritmici a partire dal momento in cui ha cominciato a ballare tango con grande passione e impegno! è il movimento che ha aiutato la sua musica.
Nei corsi Musicainfasce, la mia esperienza si divide, in ogni momento, tra osservazione e proposta educativa/didattica. È dall’osservazione che nasce la proposta, sul doppio binario della ricerca e del confronto con la teoria, tra MLT e indirizzo dato alla pratica all’interno dell’AIGAM.
L’osservazione mi permette di raccogliere un repertorio di ‘gesti-musica’, di cui a volte mi sorprende il ripetersi quasi esatto in bambini diversi. La proposta didattica prende forma lentamente, ma nelle sue acquisizioni si rivela efficace e fonte di grandi soddisfazioni.
Nei bambini di 0-12 mesi, numerosi gesti semplici si realizzano frequentemente nel silenzio che segue un brano cantato: bimbi in braccio con gambette che si muovono velocemente; piedi che strusciano a zig-zag sul tappeto, provocando un rumorino; dita in miniatura che grattano, arti/mani che battono o andature a quattro zampe che si inseriscono nella scansione ritmica del brano appena ascoltato.
Lavorando con questa fascia d’età ho comprovato l’efficacia di includere tra gli elementi di dialogo, oltre ai pattern vocali melodici e ritmici, anche elementi gestuali: rispondo con dei movimenti ai movimenti fatti dai bambini in relazione alla musica; e con rumori analoghi, ai rumori da loro prodotti. Intendo costruire un dialogo completo in cui l’espressività del corpo e della voce sia sempre al centro.
I bambini piccoli vivono con il corpo, in maniera diretta, la musica che ascoltano. Tra le immagini che mi restano in mente, trovo immediatamente quella del caracollare felice di Edoardo, un anno e poco più, che al nido si lanciò nel vuoto di una passeggiata dopo un canto ritmico in 5/8, Decided approdando a un mobiletto. Mi diede l’impressione che ritrovasse nel canto la scansione interna del suo incedere asimmetrico. Come se la musica lo muovesse e allo stesso tempo desse un significato e un valore di percezione al suo corpo. Come se la musica creasse in lui una sensazione di così solida realtà, da permettergli di appoggiarcisi e di lanciarsi nella sua avventura equilibrista.
Ho negli occhi l’immagine di un braccino che, a canto concluso, batteva sul materassino, implacabile, con una scansione regolarissima. La bimba, Daniela, di 6 mesi: una bimba adottiva con una mamma meravigliosa, era coricata sul dorso. Ho pensato all’impulso interno che generava quel movimento infinito; all’esperienza musicale che stava rivivendo in Audiation. Niente poteva distoglierla da quell’esperienza importante. E tutti noi abbiamo vissuto con lei questo tempo ricco e infinito.
Completamente diverso è il mondo dei bambini di 12-36 mesi. A quest’età i bambini si trovano a metà tra l’essere mossi dalla musica e il prendere coscienza che si stanno muovendo. Acquistano autonomia; vivono il conflitto dell’abbandonare il luogo dove sono seduti e di dirigersi a esplorare lo spazio (mi capita con i gruppi di asilo Nido). Arriva poi, presto, il momento in cui si lanciano definitivamente all’esplorazione del mondo.
Ho in mente numerose immagini di bambini tra uno e tre anni che vanno avanti un bel pezzo, da soli, concentrati, a rincorrere i suoni che sentono in Audiation, dopo uno/più canti: si muovono molto, in maniera fluida, in piedi, a volte la schiena rivolta al gruppo.
In un gruppo del Nido avevo alcuni bambini di un anno circa che cominciavano appena a camminare. Giulia e Mattia erano visibilmente in crisi a vedere i loro compagni ‘più mobili’ che si allontanavano da loro. La proposta educativa è allora stata quella di inserire in un canto molto breve un moto di ‘allontanamento e ritorno’ del gruppo dei ‘più emancipati’; il risultato è stato quasi immediatamente rassicurante; come se, proprio grazie alla musica e allo stesso tempo seguendo con gli occhi il movimento dei compagni, i piccoli potessero misurare la lunghezza dell’attesa e prevedere meglio il momento del ritorno.
Ma non a tutto c’è immediatamente risposta e non tutto si può tradurre in una proposta didattica: di ciò, vorrei proporre tre esempi.
- Mi colpisce osservare alcuni gesti particolari che si realizzano nel silenzio che segue un canto; li ritrovo in bambini diversi: sono impulsi piuttosto brevi di braccia che si alzano asimmetriche verso la testa. Quando ciò accade, provo a imitare il movimento, come faccio con i piccolissimi, affinché anche questo diventi ‘una relazione’, un rispecchiarsi, un prendere coscienza. Non credo che ci siano ‘gesti utili’ e ‘gesti inutili’, ma solo gesti che possono diventare espressione e comunicazione.
- Un altro movimento, ormai familiare, che nasce alla fine dell’ascolto di un canto, è lo scuotere la testa velocemente a destra e a sinistra. Ciò provoca di per sé un suono interno, tuttavia ciò che mi sembra interessante è la scansione ritmica del gesto, data dalla ripetizione continua, veloce tenuta per un tempo considerevole. Non escluderei che in quel tempo il bambino stia sentendo il canto in Audiation. Lo assimilerei alle stesse suddivisioni ritmiche eseguite dai piedini in corsa, che permangono anche dopo la conclusione di un canto.
- Rilevo infine un fenomeno difficile da spiegare: nel momento in cui sto per attaccare un canto con determinate caratteristiche e andamento (oppure non appena sto per cambiare sezione, all’interno di un brano diviso in sezioni contrastanti), pur senza aver l’impressione di averlo preparato in modo visibile/udibile, osservo che alcuni bambini anticipano il canto o il cambio di andamento, con uno scatto, un movimento; curiosamente ciò avviene prima che la musica sia effettivamente udibile, quasi vi sia un collegamento, estremamente concreto e rilevabile da parte loro: una sorta di ‘onda motoria’ che si trasmette dall’insegnante allo spazio, ai bambini.
Da queste tre osservazioni non scaturisce una proposta didattica immediata che metta in relazione movimento e suono. Esse generano piuttosto in me una ‘fiducia’ nel fatto che il corpo ‘senta la musica’ e la riviva, se gli viene permesso di farlo. Con questa fascia di età cerco di creare le condizioni affinché il corpo dia più indicazioni possibili e i bambini acquisiscano coscienza del loro corpo che si muove, anche attraverso il rispecchiarsi nell’adulto.
In alcuni casi la musica provoca un influsso diretto sull’equilibrio del corpo, ad esempio per una sospensione improvvisa dello scorrere della melodia. Ho in mente Mirko: al Nido è tra i grandi perché ha quasi 3 anni. Lo ricordo veramente sorpreso di perdere l’equilibrio e cadere a sedere nel momento in cui Sin si interrompe bruscamente, con una battuta di silenzio, prima di concludere. Forse si è sentito addirittura offeso.
Queste ‘sorprese’ sono molto significative: brevissimi momenti che illuminano la coscienza e il processo di Audiation (nella sua testa, Mirko prevedeva probabilmente che la musica continuasse: ha dovuto confrontare ascolto interno ed esterno).
Cerco canti che offrano queste caratteristiche e cerco di creare situazioni in cui questi disequilibri si realizzino.
Mi rendo conto che con questa fascia d’età, sfrutto l’accresciuta consapevolezza del corpo, del peso e del movimento dei bambini, per lavorare più sulle funzioni armoniche che sul ritmo. Ho esempi in mente di bambini che ‘afferranno’ il concetto funzionale di dominante e tonica e giocano con il corpo, utilizzando l’approdo sulla tonica per buttarsi con gioia su un tappeto.
Spesso avvio un gioco collegando funzioni armoniche e movimento; in un Nido ho proposto esperienze sulla funzione dominante-tonica, muovendomi e poi afflosciandoci sul pavimento, prendendo slancio e respiro per poi saltare e concludere; a distanza, mi è capitato di rivolgere un pattern dominante-tonica a un bambino e di sentirmi dire dal vivacissimo Roberto, 2 anni scarsi: “il salto!”. L’aveva cioè non solo riconosciuto, ma l’aveva collegato al movimento ed era in grado di descriverlo, proprio attraverso il movimento.
Il movimento è dunque anche a livello analitico-concettuale un veicolo importante e la possibilità di mettere in atto una ‘analisi’ comincia molto presto.
Intendo il gesto ludico come gesto libero, ma concreto, vero, con un suo peso o una sua leggerezza; un gesto con il quale posso passare da un’immagine all’altra. Un’immagine interiore e istantanea di cui arrivi innanzitutto la verità, l’espressività e la libertà. La gioia e la grazia di un movimento libero che nasce con il respiro e la voce.
Non uso immagini elaborate o le uso come ‘titoli’ (ad es. “andiamo nella foresta”) di temi molto liberi, dato che il gioco è in realtà basato su altro: sul canto, su espedienti per andare tutti assieme in un angolo e, lì, ripetere il canto in silenzio, senza voce, ma con tutta l’intenzione gestuale del cantare (un esercizio di Audiation collettiva molto apprezzato dai bambini).
L’espressività e l’umorismo, slegato da immagini concrete, ma legato a movimento e musica, mi affascina e cerco di impiegarlo anche con bambini molto piccoli. Ho in mente il riso divertito del delizioso piccolo Andrea, di 1 anno e mezzo, mentre eseguo un Tripping over che, senza aggiungere assolutamente tratti caricaturali, mi muove da una parte all’altra, in piedi, non vicino a lui nella stanza: sfrutto solo la sospensione della semifrase: è da lì che nasce il riso, dal contrasto tra tensione e distensione; da quella piccola suspence.
Ai bambini piccoli non propongo solo piccoli gesti o movimenti lenti, né sto seduta, ma mi permetto corse e slanci, con tutto il gusto di farli. Noto il loro stupore quando mi sdraio per terra e, io per prima, sono felice del contatto dei muscoli e della schiena sul pavimento. Intendo, con questo, aprire al massimo il ventaglio di possibilità che offro loro: se è l’insegnante a sdraiarsi e a rotolarsi con loro, possono rispecchiarsi e prendere coscienza di atteggiamenti che usano già molto spesso. Accetto il rischio di correre io per prima: è un pericoloso semaforo verde per scatenarsi, con l’ansia/speranza che poi torneranno a formare il gruppo-classe per un altro momento assieme. Così come è importante il silenzio, per lasciare che la musica ripercorra il suo sentiero nella loro testa, imparo, lezione dopo lezione, com’è importante lasciare che la loro energia motoria si esplichi appieno.
All’opposto di questo dinamismo, metto tutto il mio impegno in canti lenti, godendo di lentezza o sospensioni e rendendomi conto di come l’atteggiamento del corpo aperto serva a sostenere un incedere di questo tipo. Mi riferisco all’ampiezza e fluidità dell’andamento come in Vecchietto o pesi e sospensioni (silenzi), come in Afa o lo spostamento di peso morbido in brani come Ninna Nanna Eolica.
Penso che, paradossalmente, i canti ritmici, per quanto veloci e articolati, muovano meno il corpo e molto la bocca. Alcuni potrebbero essere eseguiti anche interamente con un solo fiato: l’uso diverso del respiro influisce sulla postura e su una gestualità differente (non so nemmeno se parlare di movimento). È l’impulso vocale, più che il peso corporeo (come invece accade nei brani melodici), che entra in gioco nella realizzazione del metro.
Nelle lezioni Musicainfasce uso molto i brani ritmici, ma non posso dire di eseguire delle vere e proprie attività con/sui canti ritmici: si tratta piuttosto di instaurare dialoghi e di imitare proposte ritmiche fatte dai bambini con voce e arti; o di utilizzarli per accrescere la loro coscienza del tempo e della previsione della conclusione di un canto (battere contro al muro proprio in conclusione di un brano, etc.).
A conclusione di questo breve resoconto, mi è doveroso ringraziare quell’elenco bellissimo di personcine pure, di piccoli sapienti divertiti, di locos bajitos – come direbbe Manuel Serrat -, che ho conosciuto, che mi insegnano così tanto e che mi permettono di riflettere ogni giorno su tante cose magiche e belle.
I canti citati si trovano tutti nel volume: Edwin E. Gordon – Andrea Apostoli – L’apprendimento musicale del bambino dalla nascita all’età prescolare. Canti melodici e ritmici senza parole secondo la Music Learning Theory di E. E. Gordon, Edizioni Curci, Milano. Decided, p. 44; Sin, p. 20; Tripping over, p. 15; Vecchietto, p. 23; Afa, p. 25; Ninna Nanna Eolica, p. 30.
www.youtube.com/watch?v=2xS45g1h4LY per ascoltare Esos locos bajitos di Joan Manuel Serrat e il suo prologo.
Anna Cattoretti
Milano – Varese 2011